macchiedicolore

                                                                              sos contos

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Sa cassarola

 

Custos fin duos sussincos, maridu e muzere, e no tenian man-

cu una cassarola prò si faghere su mandigu.

Una die devian coghere pulenta, e issa ha nadu a su maridu:

«Vai, Anco', a fatti impristhà la cassarora».

«No, v'andi tu».

«Va be', femmu un cuntrattu: eju ni l'arreggu e tu zi la torri».

E gai sun restados. Daghi han pappadu, isse non b'est cherfi-

du andare a che torrare sa cassarola. Tando si che sun corcados e

han fattu un atteru cuntrattu: su chi faeddaiat a pnmmu che de-

viat torrare sa cassarola.

Sun istados mudos prò meda tempus, senza che li essire unu

tunciu a amborduos.

Daboi 'e tantu, benit custu padre a domandare sa limosina.

Zoccat e abbent s'isportellu 'e sa gianna:

«La limosina a li fraddi di Santu Frazischu».

E cuddos duos mudos. Zocat torra:

«La limosina, bona jenti».

Nudda. Tando che cazzat su ganzu e bintrat in domo. Cirat

in giru a su lettu e narat:

«La limosina a ri fraddi di Santu Franzischu».

E cuddos mudos. Tando che ponet s'anca subra 'e su lettu prò

si che corcare isse punì cun cudda femmina. E tando sa muzere ha

nadu:

«Anto', ma no lu vedi chi lu fraddi tè punendi li corri in faccia? ».

E cuddu:

«Ah! Abà la cassarora zi la porthi tu!».

 

Contado dae Sarbadore Tota de Silanus

 

 

 

 

La casseruola

 

C'erano due sorsensi, marito e moglie, che non avevano

neppure una casseruola per cuocere il pranzo.

Un giorno dovevano cuocere della polenta, e la donna disse al

marito:

«Antonio, vai a farti prestare una casseruola».

«No, ci vai tu».

«Va bene, facciamo un patto: io porto qui la casseruola e tu

la restituisci».

Rimasero d'accordo così. Ma dopo che ebbero mangiato, l'uomo

 non volle andare a restituire la casseruola. Allora si coricarono e

fecero un altro patto: il primo dei due che avesse parlato avrebbe

restituito la casseruola.

Rimasero zitti per molto tempo, senza che a nessuno dei due

uscisse di bocca una mezza parola.

Dopo tanto tempo, arrivò un frate per chiedere l'elemosina.

Bussa e apre lo sportellino della porta:

«Fate l'elemosina per i frati di San Francesco».

E loro zitti. Il frate bussa di nuovo:

«Fate l'elemosina, buona gente».

Niente. Allora il frate levò il gancio dalla porta ed entrò

in casa. Fece un giretto attorno al letto e disse ancora:

«Fate l'elemosina per i frati di San Francesco».

E i due sempre zitti. Allora incominciò a infilare una gamba

dentro il letto per coricarsi anche lui accanto alla donna.

A questo punto la moglie gridò:

«Anto', ma non lo vedi che il frate vuoi metterti le corna proprio davanti ai tuoi occhi?».

E il marito, trionfante:

«Ah! Ora la casseruola la porti tu!».

 

Raccontata da Salvatore Tola di Silanus

 

 

Lu perù arricriuraddu

Chisthi crani mariddu e muglieri. La muglieri fazìa lu pani e

eddu andaba a legna. Eddu era isthraccu, no ni pudia più di traba-

glià.

Una dì dizi:

«Si mi s'apprisenta lu diauru, eju li vendu l'anima, aweru

meu!».

E subitu s'apprisenta lu diauru aweru:

«Inogghi soggu! Ajò, femmu lu cuntrattu».

Fazini lu cuntrattu e chidd'ommu è divintaddu riccu. Istha-

ziani bè, ma eddu era sempri seriu. Allora, una dì la muglieri l'ha

dittu:

«Anto', ma cos'è lu ghi hai?».

«Cos'aggiu? Aggiu intrigaddu l'anima a lu diauru».

«Ah, cussi è?! Beh, dilli di vini a inogghi».

Lu mariddu damma lu diauru, e eddu s'apprisenta torra. E la

femmina li dizi:

«A lu fazi un cuntrattu cun meggu? Parò, ca perdhi paga, be'

anda?».

«Emmu, anda be», dizi.

«Allora, la chisthioni è chistha: si vosthè ridesci a addrizzà un

perù chi li doggu eju, si piglia l'anima mea punì; ma si no vi ride-

sci, lassa isthà l'anima di me' mariddu».

Dizi: «Emmu: prontu soggu!»

Edda tandu si ni tira un perù di la «natura», chi è umbè ric-

ciurinu e no si pò illungà.

Lu diauru proba e proba, ma no v'è ridisciddu. E la femmina

l'ha dittu:

«Mi, e candu ha finiddu d'illungà chissu, vi so tutti chisthi

d'illungà».

«Futtiddu m'hai!» dizi lu diauru. E si n'è andaddu afìùttaddu.

La femmina ni sa una in più di lu diauru.

 

Cuntadda da Giuanni Antoni Delogu di Sassari

 

 

 

 

Il pelo arricciato

Costoro erano marito e moglie. La moglie cuoceva il pane,

mentre lui andava a far legna. L'uomo era stanco, non ce la faceva

più a lavorare. Un giorno disse:

«Se mi si presenta il diavolo, io gli vendo l'anima, parola

mia!».

E subito gli si presentò il diavolo davvero:

«Eccomi qua! Su, facciamo il contratto».

Firmarono il contratto e l'uomo diventò molto ricco. Ormai

stavano bene, ma lui era sempre triste. Un giorno la moglie gli

chiese:

«Anto', vuoi dirmi che cos'hai?».

«Che cos'ho? Ho venduto l'anima al diavolo».

«Ah, è così?! Beh, dì al diavolo di venire qui».

Il marito chiamò il diavolo, che si presentò di nuovo. E la

donna gli disse:

«Lo vuoi fare un contratto anche con me? Però, chi perde pa-

ga, va bene?».

«D'accordo, mi sta bene» dice.

«Dunque, il contratto è questo: se lei riesce a raddrizzare un

certo pelo che le darò io, potrà portarsi via anche la mia anima; ma

se non ci riuscirà, lascerà in pace l'anima di mio marito»-

Dice: «Va bene, sono pronto».

La donna allora si staccò un pelo dalla «natura», che è molto

arricciato e non può essere allungato.

Il diavolo provò e riprovò, ma non ci riuscì. E la donna gli disse:

«E quando avrà terminato d'allungare quel pelo, ci sono tutti

questi altri da raddrizzare».

«M'hai fregato!» esclamò il diavolo. E se ne andò infuriato.

La donna ne sa una in più del diavolo.

 

Raccontata da Giovanni Antonio Delogu di Sassari

 

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