macchiedicolore

                                                                              sos contos

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Unu ainu in prus

Bi fit custu orfanellu chi no aiat ne babbu ne mamma e l'aiat

regortu un ommine de Seddori, chi si naraiat tiu Costantinu.

Cust'ommine l'ha postu a li custodire sos ainos.

Una die custu piseddu andat a contare sos ainos, faghendelos

passare in d'unu àidu. Contat e arrivit finza a norantanoe: ma de-

vian essere chentu.

«Ohi, ite dannu, ite dannu! Un aiunu mi mancat. Ite m'hat a

narrere tiu Costantinu!».

E torraìat a contare. Niente 'e faghere: fun sempre noratanoe.

Tando torrat a Seddori a caddu a s'ainu:

«Tiu Costanti', — nachi, — mi mancat un ainu».

«Ih, _ nachi. — E cernente mai? No est possibile! Nisciunu

m'ha mai furadu nudda, a mie».

Toccai tiu Costantinu, si sezzit a caddu e andat a sa tanca. In-

cuddae, torran a faghere passare sos ainos in s'aidu.

«A lu idet? — narat su piseddu. — Sun norantanoe».

«No è beru! Sun chentu e unu».

«E cernente?»

«Cun su chi zughes tue sun chentu, e tue chi bi ses subra,

chentu e unu.

 

Contado, dae Maddalena Deriu de Macumere

 

 

 

 

Un asino in più

C'era un orfanello che non aveva ne padre ne madre. Era stato

adottato da un uomo di San Luri, che si chiamava zio Costammo.

Quest'uomo gli aveva affidato degli asini da custodire.

Un giorno il ragazzo si mise a contare gli asini, facendoli pas-

sare uno alla volta nella breccia d'un recinto. Conta e arriva sino a

novantanove: ma gli asini sarebbero dovuti essere cento.

«Ohi, che disgrazia, che disgrazia! Mi manca un asino. Chissà

che cosa dirà zio Costantino».

E riprese a contare. Niente da fare: erano sempre novantano-

ve. Allora ritornò a San Luri in groppa ad un asino.

«Zio Costantino, — disse, — mi manca un asino».

«Ih, — esclamò l'uomo. — Come mai? Non è possibile! Nes-

suno mi ha mai derubato».

Prende zio Costantino, monta a cavallo e parte verso il pode-

re. Qui rifanno passare, per la conta, gli asini nel recinto.

«Ha visto? — disse il ragazzo. — Sono novantanove».

«Non è vero! Son cento e uno».

«Come sarebbe a dire?».

«Con quello che cavalchi tu, son cento, e con tè che ci stai so-

pra, son cento e uno».

 

Raccontata da Maddalena Deriu di Macomer

 

 

 

Gesù, Santu Petru e li espi

 

Santu Petru è isciutu cun Magisuhu e so andati pa li paesi.

Dachi so ariiti a un celtu paesi chi v'era genti mala. Gesù 1 ha

^Tandu Santu Pretu l'ha rimproveratu, palchi in mezu a chissi

mali nutiani asse punì li boni. .

Gesù l'ha risposu chi l'aia fattu palchi l'aia di fa. Poi ha presu

un imbolichittu e l'ha datu a Santu Petru. E l'ha dittu:

«Tenilu conni be'». „; ,,;

A un celtu puntu, Gesù l'ha dittu a Santu Petru di dalli 1 im-

bolichittu. Iddu vi l'ha datu, e v'erani cmcu espi molti.

«T'agiu datu cincu espi ii e abà so molti».

«Mi soggu siriatu chi mi pugnia una: agju lampatu la manu,

agiu ^u'ha!? Palchi no hai moku chissà chi t'ha puntu e basta?.

Palchi pa un piccadori centu e unu ni mori! Cussi agju fattu qu pa

chissà jenti».

 

Cuntata da Giovanna Angioi di Tempiu

 

 

Gesù San Pietro e le vespe

 

San Pietro andava col Maestro per le vie del mondo. Quando

raggiunsero un certo paese abitato da gente malvagia. Gesù lo di-

strusse.

Allora San Pietro lo rimproverò, perché diceva che tra i tanti

cattivi avrebbe potuto essere! qualche brava persona.

Gesù rispose che aveva agito così perché così doveva fare. Poi

prese un involtino e lo diede a San Pietro, dicendo:

«Tienilo da conto».

Ad un certo punto, Gesù disse a San Pietro di restituirgli l'in-

voltino.^ Egli glielo diede e dentro c'erano cinque vespe morte.

«T'ho dato cinque vespe vive ed ora son morte».

«Mi sono accorto che una di esse stava per pungermi: ho dato

uno strappo, ho stretto e...».

«Hai visto? Perché non hai ucciso soltanto quella che ti ha

punto? Perché per un peccatore soltanto ne muoiono cento e uno!

Così ho agito anch'io nei confronti di quel paese».

 

Raccontata da Giovanna Angioi di Tempio

 

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