la nostra terra

 

 

                  

DA UN DIZIONARIO GEOGRAFICO STORICO-STATISTICO-COMMERCIALE DEGLI STATI DI SUA SUA MAESTA’ IL RE DI SARDEGNA – STAMPATO IN TORINO NELL’ANNO 1850

 

Simagis villaggio della Sardegna nella divisione di Cagliari, provincia di Oristano, e già capoluogo di curatoria dell’antico Regno di Arborea. La sua posizione geografica è nella latitudine 59, 56 e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 25. Siede sulla sponda sinistra del Rio di Leni, ossia nel piano dove, perché le acque non hanno lo scolo facilmente avere, si numerano non meno di 17 paludi tra le quali è notevole quella, che dicono di Spinala, della capacità di 300 giornate, di cui il paese non ha altro frutto che l’erbe di pascolo per le vacche in soli 6 mesi. E’ esposto a tutti i venti, e appena quei di levante sono un po’ moderati dalla mole del Griguini, che levarsi alla distanza di sole miglia 4. I calori estivi sono alquanto mitigati dalla brezza marina e il freddo è mite se non reggono gli aquilonari. Le piogge sono piuttosto scarse, ma le nebbie frequenti e talvolta nocive, quando siedono sopra i vegetabili nella loro fioritura. I temporali sono rari e non sogliono far danno. L’aria per le esalazioni da tanti focolari di corruzione resta contaminata, e cagiona le febbri periodiche.

Territorio:

 la sua superficie può computarsi di circa 6 miglia quadrate ed è distesa in piano. Nella parte incolta non sono che poche macchie e non vi si trova  che di rado qualche pernice. Abbondano però gli uccelli acquatici quando le paludi sono piene. Mancando le sorgenti bevesi dai pozzi; l’acqua però è potabile. La generazione dei conigli è immensa, e quasi incredibile il danno che causano. Non poche vigne restano così devastate da essi, come altrove potrebbero esserlo da una violentissima grandinata perché non si può vendemmiarne un grappolo, e talvolta non resta neppure il pampino. I malefici animali sogliono pure rosicare gli alberi degli ulivi, i quali, perciò non possono prosperare, e se attaccano qualche innesto ancora recente, questo perisce. Per distruggerli si uniscono molti coi fuciloi e si mettono in  agguato nella siepe, sotto le quali essi hanno le tane, e quando, spaventati dal rumore che si desta, corrono a nascondersi, allora si fa fuoco sopra e si ottiene copiosa preda.

Popolazione:

 nel censimento del 1846 sono notate sopra: Simagis, anime 506, distribuite in famiglie 141 e in altrettante case. Il detto totale complessivo si divide secondo l’età l’uno e nell’altro sesso nelle seguenti parziali: sotto i 5 anni maschi 24 e femmine 38; sotto i 10 maschi 24 e femmine 29; sotto i 20 maschi 45 e femmine 42; sotto i 30 maschi 35 e femmine 30; sotto i 40 maschi 38 e femmine 43; sotto i 50 maschi 39 e femmine 33; sotto i 60 maschi 18 e femmine 17; sotto i 70 maschi 18 e femmine 17; sotto gli 80 maschi 9 e femmine 7. Distinguersi poi i totali di maschi 250, in scapoli 134, ammogliati 209, vedovi 7, e il totale delle donne 256 in zitelle 117, maritate 109, vedove 30. I numeri del movimento della popolazione sono, nascite 20, morti 12, matrimoni 3. Le malattie predominanti sono le infiammazioni e le febbri periodiche estive ed autunnali. Un flebotomo gli assiste, e spesso li manda all’altro mondo. I simagesi sono tranquilli e laboriosi, ma non sanno fare i loro interessi. Si riconoscono gioviali e amanti dei divertimenti, e principalmente del ballo. La principale e comune professione è l’agricoltura. Pochi attendono alla pastorizia, pochissimi ai mestieri. In ogni casa è il telajo per tessere il lino e la lana all’uopo della famiglia. Alla scuola primaria concorrono, quanto più sei fanciulli. Non si può dire quanti finora sieano esciti dalla medesima ammaestrati.

Agricoltura:

  in questo territorio è idoneità a tutti generi di cultura, cereali, piante ortensi, viti, alberi fruttiferi.

La seminagione ordinaria si computa di starelli di grano 540, d’orzo 220, di fave 100, di ceci 30, di lino 25. la produzione suol essere del 10 per grano, del 12 per l’orzo, del 10 per le fave, del 12 per i legumi, ma spesso è diminuito il frutto di quella parte di territorio, che dicesi benaji, dove più volte si riversa il fiume, e ristagnandovi le acque per quindici e più giorni fanno che le radici marciscano.

Il lettore si può accorgere che in parte questo danno è volontario, perché potrebbesi per canali ben diretti e sufficientemente profondi fare che , cessata la piena, scolassero le acque e restasse la terra meno inzuppata e fangosa. La coltivazione delle specie ortensi è praticata da pochi e in quel tanto che vuolsi per la casa. La meliga che potrebbe dare un frutto abbondante, non ottiene molte cure.

La vigna a uve di moltissime varietà, e i vini riescono comunemente di buona qualità e di color bianco. Se qualche parte si deprava mettesi nel lambicco per farne acquavite. Gli alberi fruttiferi sono prosperi, e producono buoni e copiosi frutti, se nel tempo della fioritura il gelo non li bruci.

Tra le altre specie sono a notare gli olivi che fruttificano bene, e danno un olio, che almeno in quelle regioni è assai pregiato. La parte chiusa del territorio e divisa in poderi, che sono o vigne, o chiusi (cungiaus) od oliveti, non è meno di giornate 2000; il restante resta aperto e in molte parti si occupa dalle acque stagnanti. In esso pascolano gli armenti e le greggie.

Pastorizia:

tanto ne’ chiusi quando riposano a maggese, quando nelle terre aperte, vi è pascolo sufficiente pel bestiame del paese; anzi è vero che talvolta sovrabbonda e si può venderne a’ Fonnesi, Sorgonesi e altri pastori della montagna, che scendono a svernare dalle loro fredde e nevose montagne in questi climi, dove è la primavera invece dell’inverno. Il bestiame rude consiste in vacche, cavalle, pecore e porci, alle quali specie è accomodato il pascolo che produce il suolo. La prima specie forse  non numera più di 120 capi, la seconda ne avrà 60, la terza 1600, la quarta 300.

Il bestiame manso comprende buoi 130 per servizio dell’agricoltura e per trasporto, cavalli 30, giumenti 130, maiali 60. si vendono i feti delle vacche nello stesso paese agli agricoltori in supplemento de’ buoi che muovono o si mandano al macello: si vendono pure i porchetti per igrassarli a maiali, e si manda in Oristano il formaggio bianco o di cantina.

Commercio.

Il guadagno che annualmente si può ottenere dai cereali, dall’olio e dai prodotti pastorali può computarsi di lire 25 mila.

Religione.

Simagis è compreso nella giurisdizione dell’arcivescovo di Oristano, ed è servita da un parroco che ha il titolo di rettore,e l’assistenza di un altro prete. La chiesa parrocchiale è intitolata dal papa s. Simmaco, che pretendesi nativo di questa terra, parendo ad alcuni che Symmachus corrisponda a

Simagese, il che se valesse per questo papa, varrebbe ancora per il celebre Simmaco (Quinto Aurelio Ariano) che fu prefetto di Roma e si disonorò per lo suo zelo nel ristabilimento dei riti pagatici, e quel Simmaco uomo samariano di nazione e religione, che dal giudaismo era passato al cristianesimo. Quindi io non fo alcuna ragione della supposta tradizione, che la casa paterna di s. Simmaco  fosse nel sito dove sia l’attuale parrocchia, essendo questa un’altra opignone senza fondamento. Per due volte all’anno si solennizza la festa di questo titolare.

La prima addi 29 luglio con panegirico e corsa di barberi, che sono solitamente le due parti delle feste popolari campidanesi;  la seconda addi 30 gennajo , per la quale sono vietate le opere servili senz’altro. La qual seconda festa di consuetudine immemoriale credesi abbia avuto sua causa nella consacrazione della stessa chiesa, di che per altro non  apparisce alcun monumento, né trovai alcun cenno nelle scritture antiche. La parrocchiale non è notevole per nessun oggetto di pittura o scultura, ed è di un’antica architettura inqualificabile . il solo altare maggiore, costruito di marmi, ha qualche merito. Esso fu eretto a spese del fu canonico prebendato di questo paese cavaliere D. Costantino  Serra di Oristano, rammentato ancora con amore da questi paesani, per questo che gli altri generalmente non beneficano il paese, di cui godono le decime, egli abbia  impiegate cospicue somme in bene del popolo simagese e della parrocchia, e segnatamente destinato una somma per soccorso alle povere donzelle da maritare, e un’altra per abbellimento dell’oratorio detto delle Anime, che resta attiguo alla parrocchia (1795).

Manca ancora il camposanto, e  il cimiterio trovasi pure attiguo alla stessa chiesa, cosi  piccolo, che accade talvolta di dover sovrapporre i nuovi corpi ai cadaveri non ancora intieramente consumati.

V’ha un’altra chiesa filiale denominata da  s. Giuliano, che dicesi nativo di Cagliari, e martirizzato sotto l’imperio di Nerone.

Dista dalla  parrocchia  questa cappella campestre solo un miglio, e siede sopra un piccolo rialzamento del suolo rispettivamente all’abitato. Essa era già titolo e prebenda di uno dei canonici

Del capitolo di Oristano. Alcune terre che restano intorno ed altre in s. Vero Congius e in Solarussa erano fondo della rendita. Poscia il capitolo vedendo la tenuità della medesima, che in media d’un decennio non superava le lire 80 annue di reddito netto, deliberò di lasciarne l’amministrazione all’arcivescovo, perchè con detta somma provvedesse allle spese della festa, solita farsi dal canonico addi 20 settembre, alle ristaurazioni  che fossero necessarie, come pure la quota dei pagamenti reali, ai quali era obbligato il clero della diocesi.

Simagis faceva parte della signoria utile, che il marchese di Arcais godeva sopra i tre campidani di Arborea.

 

     

 

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